12 Agosto
Brasov- Transfagarasan- Sibiu km 295
Ci alziamo presto. Una veloce colazione, poi Knut si reca subito al parcheggio, sperando di poter portare la moto il più vicino possibile all’ingresso. Purtroppo viene fermato da due poliziotti locali che non vogliono sentir ragioni e non gli consentono di parcheggiare per caricare i bagagli, nonostante la strada pedonale sia ancora deserta. Per fortuna trova posto a 50 metri di distanza, così trasportati i bagagli li carichiamo. Lasciamo Brasov in una bella mattina di sole. Ripercorriamo la strada 73, che segue una delle più antiche vie commerciali della Romania, arrampicandosi sulle montagne. Il panorama offre una vista spettacolare sui monti intorno. Siamo ai margini del Parco Nazionale Piatra Craiului. Il panorama è magnifico e il traffico scarso. Sostiamo per un caffè, riempiendoci gli occhi di tanta bellezza. Proseguiamo allegri, godendo del fatto che non ci sia quasi nessuno in giro; il boxer romba sornione, mentre affrontiamo una curva dietro l’altra. A Campulung, paese incasinatissimo, forse per via di un mercato, imbocchiamo la 73C, una strada secondaria, che incontra, dopo una trentina di chilometri, la 7C, più nota come Transfagarasan, che attraversa le montagne Fagaras, nei Carpazi meridionali, giungendo ad un’altezza di 2000 metri. Da Curtea de Arges iniziamo la lunga salita che porta al Lago Vidraru. Per alcuni chilometri non incontriamo eccessivo traffico. Arrivati più o meno alla metà del lago scorgiamo un cartello “Pensiunea Vidraru” e decidiamo di seguirlo. Vogliamo pranzare prima di giungere in cima, dove forse non vi sono posti di ristoro. Così imbocchiamo una sterrata tra i boschi, non particolarmente impegnativa. Dopo un paio di chilometri arriviamo alla Pensiunea. E’ mezzogiorno e siamo i primi clienti del ristorante. Abbiamo notato che diverse famiglie si sono fermate lungo il torrente, nei prati a fianco della stradina, e hanno acceso le griglie; altre hanno occupato gli spazi davanti ad alcuni bungalow di legno, mentre alcune persone stanno allestendo un pic- nic, sedute ai tavoli di due spazi appositi. Dico a Knut: “ Forse abbiamo sbagliato giorno per percorrere la Transfagarasan. E’ domenica e anche i rumeni sono in giro.”
Seduti a un tavolo di legno, protetti da un grande ombrellone, ordiniamo due birre e il pranzo, guardandoci intorno. Qui la valle si restringe. C’è giusto lo spazio per il fiume e la strada, che termina qui, poi solo abetaie che coprono i pendii delle montagne. Gustiamo salsicce e patate fritte, due caffè, poi ripartiamo. L’abbiamo azzeccata a fermarci qui perché da ora in poi sarà una lentissima cavalcata, con continui rallentamenti e soste per l’incredibile folla di gente che percorre la strada. “Santi Numi! Ma tutti i rumeni sono su questa strada oggi?” Commentiamo esterrefatti. Il tratto verso il Lac Balea e la successiva discesa dal passo avviene in mezzo al caos più totale, provocato dal parcheggio selvaggio, fin dentro la galleria, e dal procedere a piedi della gente su entrambi i lati della carreggiata. Riesco a stento a scattare qualche foto dalla moto perché, quando ci siamo fermati in uno spiazzo per alcuni minuti, poi non riuscivamo più a rimettere le ruote sulla strada: s’era formata già una coda allucinante di veicoli che salivano. Negli unici punti dove ci sono degli spiazzi c’è addirittura la polizia che dirige. - “Fermarsi è impossibile!” - mi urla Knut nell’auricolare. Il sole scompare appena arrivati nel punto più alto. La cima del monte è avvolta da nubi basse, l’aria si è raffreddata. Iniziamo la lentissima discesa avvolti dalla nebbia. Che delusione! Non so cosa ci aspettassimo, ma di sicuro non questo caos. Inoltre per noi, abituati a percorsi spettacolari come il Gavia o lo Stelvio, questa strada non è niente di speciale. Come Dio vuole arriviamo a Cartisoara e, dopo poco, siamo sulla statale n°1. In breve raggiungiamo Sibiu e Vila Fortuna Art o'clock, dove abbiamo prenotato una camera, la sera prima. La gentile padrona ci lascia parcheggiare nel cortiletto. La stanza è molto carina, ampia e ben arredata. Ci cambiamo in fretta, poi usciamo per visitare la città. Camminiamo per un po’, ma non facciamo che girare a vuoto perché siamo all’interno di un quartiere residenziale, così chiediamo a un passante come arrivare in centro. Le indicazioni non sono precise, perciò, dopo aver percorso 600/700 metri, arrivati ad una piazza facciamo cenno ad un taxi e ci facciamo portare in centro. Il taxi ci lascia all’inizio della zona pedonalizzata. Imbocchiamo la strada principale ricca di bar e locali, con i dehors ombreggiati e fioriti, che brulica di gente. Ci guardiamo attorno osservando gli edifici colorati sui due lati. Arrivati a una grande piazza dalla forma irregolare, Piata Mare, vediamo che è stato allestito un palco, mentre sull’altro lato vi sono parecchi gazebo che vendono oggettini d’artigianato, prodotti locali, essenze ed erbe. Passeggiamo nella piazza osservando i tetti spioventi delle case. Sono particolari: hanno una o due file di finestrine allungate, con sporgenze che sembrano palpebre, i famosi “occhi”. Si ha davvero l’impressione che occhi curiosi ti osservino! Proseguiamo dirigendoci alla successiva piazza in cui sorge la Cattedrale evangelica, al cui interno si trova il più grande organo a canne del Paese. Attraversiamo poi la porta nella torre, Turnul Scàrilor, sull’altro lato della piazza. Tramite un altro passaggio arriviamo in Piata Micà, piazza Piccola, dove si trovano begli edifici medievali. E’ oltremodo divertente e interessante svoltare a caso per le stradine medievali di questa ben conservata cittadella, scoprendo passaggi, palazzi porticati, scalinate, fino a giungere alla via che fiancheggia le mura della cittadella. Percorrendo questa strada possiamo ammirare l’ottagonale torre degli Armaioli, quella dei Carpentieri ed infine la squadrata Torre dei Vasai. Soddisfatti e un po’ stanchi torniamo sui nostri passi. Ci sediamo al tavolo di un ristorante, in un angolo tranquillo della piazza, osservando la gente che passeggia. Ceniamo discretamente, spendendo meno che a Brasov, ma di più rispetto al Maramures e alla Bucovina. Ci sta però. La Transilvania è molto più turistica e in fondo siamo in una città che era il fulcro del potere Sassone.
13 Agosto
Sibiu- Transalpina- Craiova km. 322
Alle 8,00 siamo in piedi, pronti per la colazione. Scendiamo al piano terra, dove c’è una grande cucina, munita di un enorme frigorifero e con tutto l’occorrente per cucinare, pulitissima. A fianco è situata la sala da pranzo con diversi tavoli. Prepariamo il caffè, togliamo dal frigo i due succhi d’arancia acquistati ieri e portiamo il tutto, compresi i biscotti, in sala dove consumiamo la colazione. Siamo contenti che non sia sceso ancora nessun altro ospite. Mentre Knut carica i bagagli e il percorso odierno sul navigatore, io pago il conto. Salutata la cortese padrona di casa partiamo. Anche stamattina splende il sole. La giornata si preannuncia bella e calda e ne siamo felici. Ci aspettano i 140 chilometri della Transalpina, che si arrampica sui Carpazi meridionali. Troviamo un po’ di traffico sulla statale che porta a Sebes. Una volta giunti lì svoltiamo sulla 67C, la Transalpina, conosciuta anche come “La strada dei re”, la più alta strada asfaltata della Romania.
I primi tornanti ci mettono allegria. Poi, dopo l’attraversamento di alcuni paesini, la strada inizia a diventare più ripida e le curve un po’ più strette, mentre giganteschi abeti arrivano coi loro rami fin quasi sulla strada. Percorriamo una valle molto stretta, mentre la pendenza si accentua. L'ambiente cambia completamente aspetto quando si entra nella foresta vera e propria. Il motore della BMW canta felice quando s’inizia a salire con bei tornanti che ci portano decisamente in quota. Più avanti costeggiamo il primo lago. Poco dopo gli alberi si diradano e, una volta oltrepassato il secondo lago, si prosegue sempre in salita, in un paesaggio di basse erbe. Ora lo sguardo può spaziare sulle montagne circostanti, ammirando panorami splendidi. Scatto diverse fotografie, mentre Knut riprende con la videocamera sul casco, quando notiamo alcuni asinelli avanzare verso le automobili. I veicoli si fermano e gli occupanti accarezzano le simpatiche bestie, offrendo loro del pane. Percorriamo ancora qualche centinaio di metri e finalmente raggiungiamo il punto più alto della Transalpina. Knut parcheggia la BMW sullo spiazzo fangoso, vicino ad un’altra con targa italiana. Facciamo conoscenza con il simpatico motociclista che la guida. Appreso della nostra delusione per la Transfagarasan, ci dice che la percorrerà l’indomani poiché, soggiornando da amici rumeni, era stato avvertito di non intraprendere la salita nel fine settimana. Resteremmo ancora a lungo a scambiarci informazioni, ma soffia un fortissimo vento freddo che sta portando grossi nuvoloni dal versante da cui scenderemo. Perciò, dopo aver scattato un paio di foto al panorama, salutiamo e ripartiamo. Il vento ci schiaffeggia con raffiche improvvise, mentre scendiamo a tutta birra lungo i tornanti. Peccato non poter immortalare con qualche scatto il magnifico panorama perché inizia a cadere qualche goccia di pioggia.
Entriamo nel primo centro abitato per trovare una locanda dove pranzare. Nessuno in giro. Le case, alte tre/quattro piani, hanno le imposte chiuse. Probabilmente sono case di vacanza. Infine notiamo la scritta “Pensiunea” su un edificio. Sullo spiazzo sterrato antistante sostano un paio di automobili. Scendo dalla moto e, casco in testa per non bagnarmi, entro da una veranda chiusa da vetrate in una grande sala. Alcune persone stanno pranzando. Mi guardo intorno e attendo, poi, non vedendo arrivare nessun cameriere vado a bussare alla porta della cucina. Un uomo ne esce, guardandomi sorpreso. Chiedo se si può mangiare qualcosa. Subito mi fa strada verso un tavolo e lo apparecchia. Arriva anche Knut, così ordiniamo il pranzo. Prendiamo due piatti di carne e verdura e due birre, analcolica per il mio compagno che deve guidare.
Usciti dopo un’ora e mezza (il servizio è stato piuttosto lento) notiamo con soddisfazione che ha smesso di piovere. Proseguiamo in direzione di Novaci. Poi ci dirigiamo a Targu Jiu e da lì a Craiova, dove abbiamo pensato di pernottare. In pianura splende il sole e l’aria è calda, quasi afosa. Sostiamo per consultare la guida alla ricerca di un hotel. Prenotiamo un bungalow alla “Rixos guest house” avendo letto che è dotata di una piscina.
Attraversata Craiova il navigatore ci conduce su una lunghissima strada che esce dalla città. Purtroppo non esiste il numero che cerchiamo. Nervosi e irritati percorriamo più volte la statale, avanti e indietro, sino a che decidiamo di inoltrarci lungo una stradina sterrata tra gli alberi, fino ad arrivare ad alcune ville. Una di queste è il posto che cerchiamo. Parcheggiamo la moto davanti al cancello ed entriamo. Il proprietario, un uomo dai modi bruschi, alla richiesta di poter parcheggiare la moto vicino al bungalow, in realtà una casetta in muratura, risponde: “ No, non è possibile!”
Quando entriamo restiamo a bocca aperta. Un’ ampia camera, con un letto king size sul quale campeggia un grosso cuscino nero che sembra una talpa, arredata in bianco e nero, ci lascia di stucco per la pacchianeria. Sulla parete, sopra un divano in pelle bianco, coperto da pelli di pecora, campeggia un quadro raffigurante un grande teschio, formato da lustrini luminescenti. Una lampada da terra ha un grande cappello composto da spuntoni di stoffa nera, tipo riccio e, dulcis in fundo, di fronte al letto c’è un mobile laccato bianco che ha un ripiano in vetro, bordato da lucine. Che kitsch!
Scarichiamo dalla moto, rimasta fuori, tutte le borse. Per arrivare dal cancello d’ingresso alla camera dobbiamo percorrere un lungo vialetto, fiancheggiato da cipressi, senza che il proprietario o il ragazzo seduto accanto a lui in un gazebo, si sognino di chiedere se abbiamo bisogno d’aiuto. Indossati i costumi da bagno ci dirigiamo alla “ piscina.” In realtà si tratta di una vasca di circa 6 metri per 3, circondata da strutture a baldacchino, chiuse da tende bianche, contenenti due lettini. Il rimanente spazio ospita grandi poltrone sdraio imbottite, poste le une accanto alle altre. Mi lancio in acqua per rinfrescarmi dal caldo-umido soffocante, mentre Knut si stende su un lettino, all’ombra. Oltre a noi c’è solo una coppia di giovani che si scambiano effusioni. Capiamo che il luogo è frequentato soprattutto da coppie. Chiediamo al proprietario se più tardi si può cenare, avendo notato un bel forno in muratura e un lungo bancone, di fronte a cui ci sono alcuni tavoli e sedie. Alla sua risposta affermativa ci rilassiamo.
La cena si farà attendere a lungo, anche se siamo gli unici clienti. L’unica cameriera/cuoca ha preparato tutto al momento. Valeva la pena attendere perché i peperoni stufati che accompagnano due piatti di carne sono ottimi.