14 Agosto
Craiova - Belogradchik -Ledenika (BG) km 304
Dopo una spartana colazione, caricata la moto siamo pronti a partire. Immortalo con la macchina fotografica la facciata del Rixos, Knut e la moto, poi salgo e partiamo.
Riattraversiamo Craiova, a quest’ora abbastanza trafficata, poi ci dirigiamo verso il Danubio, che segna il confine con la Bulgaria. Lo attraversiamo a Calafat, su un lungo ponte bianco, dove le ruote dell’Adventure passano sopra la linea che marca il confine. Subito dopo c’è il cartello con la scritta Bulgaria. La dogana si trova oltre, a Vidin. Espletate le formalità burocratiche entriamo in città alla ricerca di una banca. Dopo aver percorso in entrambe le direzioni alcune strade, ci fermiamo al primo sportello ATM che troviamo, dove preleviamo una somma in moneta locale, il Lev.
Ora riprendiamo la E79 e, dopo una cinquantina di chilometri, imbocchiamo una strada secondaria che ci conduce a Belogradchik, dove è situata la fortezza di Kaleto. Attraversiamo la città senza trovare indicazioni per la fortezza. Il navigatore ci conduce lungo stradine che salgono tra le case sino in cima alla collina. La strada termina ad uno spiazzo sterrato, sovrastato da alte rocce rossastre. Parcheggiata la moto e liberatici da caschi e giacche, iniziamo la salita che costeggia le mura fino ad arrivare all’ingresso. Lì troviamo il parcheggio asfaltato, ma in pendenza, alcuni chioschi e l’ufficio dove acquistare i biglietti. Passiamo attraverso il portone e sbuchiamo in un vasto cortile erboso, circondato dalle mura. La fortezza è mirabilmente incastonata nelle rocce rosse d’arenaria. Si attraversano altri due cortili, poi si sale con ripide scalette fino alle rocce più alte, dalle quali si possono ammirare le colline intorno, i pinnacoli e le strane formazioni rocciose. Poi, stanchi per la scarpinata e accaldati, ritorniamo alla moto. Scendiamo in città, fermandoci nella piazza centrale dove vi sono alcuni locali. Alla fine decidiamo di pranzare al ristorante di un hotel, dotato di aria condizionata.
Ripartiamo soddisfatti un’ora più tardi. Giunti nuovamente sulla E79 la seguiamo fino alla città di Vraca. Qui imbocchiamo una strada dissestata in direzione di Ledenika, dove si trova l’albergo prenotato con booking, il Family hotel Momina Salza. La strada sale addentrandosi tra fitti boschi, regalandoci belle vedute sui monti rocciosi dell’altro versante. La strada termina all’ingresso delle grotte di Ledenika, ma non vediamo l’hotel. Torniamo indietro sino al bivio dove avevamo svoltato seguendo il navigatore. Su un palo con diversi cartellini segnaletici leggiamo il nome di un hotel, Momina. Decidiamo di seguirlo e, dopo alcuni chilometri di una panoramica strada di montagna arriviamo all’albergo. Lo riconosciamo dall’immagine vista all’atto della prenotazione, solo che la foto è stata scattata almeno vent’anni fa. Sembra piuttosto decadente. Parcheggiata la moto saliamo i pochi gradini che conducono all’ingresso, davanti a cui è seduta su una vecchia sedia una donna. Non sembra felice di vederci, anzi sembra quasi non volerci come ospiti. Non parla inglese e noi non conosciamo il bulgaro. Mostriamo la prenotazione, allora ci fa strada verso una scalinata, coperta da un logoro tappeto. Giunti al primo piano apre la porta di una camera, poi se ne va. Definirla semplice è troppo. Almeno è pulita e le lenzuola sono fresche di bucato. Il problema è il bagno: il water, un minuscolo lavabo, un grande boiler, ma non vedo la doccia. Dico a Knut di non sistemare il bagaglio e scendo. Cerco di spiegare alla proprietaria che vogliamo una camera con bagno munito di doccia. Risaliamo insieme. Lei sbuffa, dice qualcosa che non capisco, poi apre altre due camere indicandomi i bagni. Sono tutti uguali al nostro. Allora mimo l’atto di lavarsi sotto un getto d’acqua proveniente dall’alto esclamando “shower!” La signora mi guarda in modo strano, poi mi tira dentro al bagnetto indicando qualcosa nascosto dietro al boiler ed esclamando: “Da, da… shower!” E’ allora che noto i due rubinetti infissi nel muro, ad un metro dal pavimento, sopra i quali c’è il bulbo metallico forato, collegato ad un tubo snodabile. Praticamente per fare la doccia bisogna stare seduti sul water allagando tutto il bagno. Mi scappa da ridere, ma mi trattengo perché non voglio umiliare la signora, quindi, dando un’occhiata a Knut rispondo sorridendo: “ Ah! Ok!”
La donna s’allontana. Noi ci guardiamo esclamando all’unisono: “ Ma cosa pensavamo di avere per 19 euro! “ Tolto lo stretto indispensabile dalle borse, usciamo sulla terrazza davanti all’albergo, ordiniamo due birre e ci rilassiamo. Più tardi ordiniamo la cena, non senza aver faticato a comprendere cosa ci fosse. La signora s’è ammorbidita, addirittura ride al nostro mimare le pietanze. Alla fine ordiniamo la zuppa del giorno, carne di manzo e patate fritte. Per il vino mi fa cenno di seguirla all’interno e, prese due bottiglie dal bar me le mostra, invitandomi a scegliere. Ne indico una a caso, lei sembra contenta. Dopo cena facciamo quattro passi nei dintorni dell’hotel. Vi sono alcune case un po’ malandate lungo una stradina in salita che si perde nei boschi. Si capisce che una volta questo posto dev’essere stata una località di vacanza frequentata. Ora però i bulgari sembrano preferire altre mete. Quando cala il buio e il cielo s’accende di miriadi di stelle rientriamo in albergo.
15 Agosto
Ledenika-Rila km 250
A colazione la signora saluta sorridendo e ci porta due piatti con formaggio, salumi, pomodori, cetrioli, pane, burro e due marmellatine, accompagnati da un bricco di caffè. Poi, mentre Knut carica i bagagli sulla cavalla e imposta il Garmin con il percorso odierno, io scatto alcune foto all’albergo e allo splendido pavone, che subito si mette in mostra facendo la ruota.
Ripercorriamo la strada di montagna tra i boschi, rabbrividendo anche se c’è il sole; siamo in alto e l’aria è fredda. A Vraca prendiamo la statale 1 in direzione sud. Proseguiamo in autostrada diretti a Sofia, ma non entriamo in città, poiché la nostra meta odierna è il Monastero di Rila. Vi arriviamo nel primo pomeriggio. Gli ultimi chilometri li passiamo in coda per l’intenso traffico. Vi sono già diverse automobili parcheggiate lungo la strada. Inizia a piovere mentre giungiamo al Monastero, dove si sono creati ingorghi tra chi cerca di uscire e chi di entrare nei due super affollati parcheggi. A fatica Knut riesce a districarsi dal caos e a proseguire oltre, cercando indicazioni per un hotel. Alla fine notiamo un cartello indicatore di legno che segnala il Rilets resort & Spa. Seguiamo la strada sterrata che s’inoltra nel bosco e dopo un chilometro circa arriviamo all’hotel. E’ un quattro stelle e hanno posto per noi (camera e colazione a 60 euro). La prendiamo al volo. Sistemati i bagagli ci cambiamo, indossiamo i costumi e ci dirigiamo alla SPA. Non c’è niente di meglio per cancellare la stanchezza che una passata in una sauna, poi in un bagno turco, infine sguazzare in vasche d’acqua a diverse temperature. Concludiamo il percorso sdraiati su comodi lettini, davanti a una grande vetrata che s’affaccia sul bosco. Riemergiamo dalla SPA rilassati e distesi, pronti per uscire. Percorriamo a piedi il sentiero nel bosco che arriva al parcheggio inferiore, poi prosegue con una stradina. Vediamo un hotel con ristorante e, più avanti, un locale con tavoli e panche all’aperto. Ci sediamo a quest’ultimo. Due birre freschissime ci ristorano. Ora siamo pronti per visitare il Monastero. Sono le 17,30 e molte persone stanno uscendo dal complesso. Acquistati i biglietti entriamo nel vasto cortile. Alcuni edifici porticati, bianchi a righe rosse e traboccanti di gerani, si fanno ammirare, così come la torre medievale, l’unica parte risalente al XIV secolo. Il vero gioiello è però la chiesa, mirabilmente affrescata con scene apocalittiche sia sulle pareti esterne sia sul soffitto del portico che la cinge. Anche l’interno affrescato ci stupisce, con il gigantesco lampadario la cui luce illumina la parete dorata davanti a cui il Pope sta officiando. Ci aggiriamo in silenzio per non disturbare i fedeli, riuscendo a scattare alcune foto senza l’uso del flash. All’esterno ci soffermiamo ad osservare le scene dipinte sulle pareti, scattando innumerevoli fotografie. Infine, molto soddisfatti dalla visita, torniamo al locale, ma, prima che chiudano le casette di legno che vendono souvenir, riusciamo ad acquistare due vasetti di marmellata (fragole di bosco e prugne). Poi ci sediamo allo stesso tavolo di un’ora fa e ordiniamo la cena. Gustiamo ogni boccone annaffiandolo chi con birra (Knut) chi con vino rosso (io). Quando tramonta il sole e l’aria si rinfresca rapidamente, torniamo in albergo.