1 agosto Barnaul
Cristina:
Subito dopo colazione Knut si è recato dal gommista N53°21.796' E83°45.679'. Più tardi sono uscita per una passeggiata. Ne ho approfittato per cercare una banca e per fare shopping. Risultato: ho cambiato dei dollari in rubli, ho acquistato un paio di calzoni neri, una borsetta ( pagata solo 20 $) e alcuni generi di conforto ( vodka, biscotti e cioccolata. Rientrata in hotel ho aspettato con ansia l’arrivo del mio compagno. Ho tirato un respiro di sollievo quando è tornato sorridendo. Il gommista aveva riparato la gomma come si deve e gli ha fornito anche alcune pezze e mastice nel caso ci fosse bisogno di altre riparazioni. Ha comprato anche l’olio motore necessario per fare il tagliando ed ora è intento a questa operazione, nello spiazzo sul retro dell’hotel, in pieno sole…oggi solo 33°!
Knut:
Cose che non succedono in Europa: oggi sono andato in giro per cercare un posto dove comprare l'olio, ho trovato il posto, ma non era possibile parcheggiare lì, quindi sono sceso per una stradina e ho parcheggiato la moto davanti a una villetta. Subito è uscita a salutarmi tutta la famiglia. Quando sono tornato alla moto, i due più giovani sono usciti con un vassoio: mi hanno offerto del tè e biscotti :-)
Nel pomeriggio abbiamo compiuto un giretto in moto per le vie del centro di Barnaul, fotografando alcune vecchie case in legno molto particolari.
2 agosto
Barnaul-Onguday 446 km.
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La mattina si presenta limpida, con un cielo azzurro che mette allegria. Partiamo presto perché domani vorremmo passare la frontiera con la Mongolia, visto che abbiamo letto che resta chiusa sabato e domenica.
La strada è in ottime condizioni, la moto corre veloce sul filo dei 100/110, sempre però rispettando i limiti di velocità. Presto i campi lasciano il posto ai boschi di pini e di betulle. Lungo la strada i contadini espongono su banchetti improvvisati vasetti di mirtilli e di lamponi, miele e dei mazzi di rametti di quercia e betulla…mah! Chissà a quale uso sono destinati! Dopo circa 150 chilometri entriamo nella regione della repubblica degli Altai e appaiono i primi monti coperti di foreste. A mezzogiorno ci fermiamo per pranzo in un posto caratteristico, fatto di tronchi. Ci viene servita una gustosa zuppa (bortsh) come primo e per secondo prendiamo solo una grande porzione di patate fritte. All’uscita dal locale, mentre stiamo preparandoci a salire in moto, arriva un allegro gruppo di ragazzi. Sono giovani reclute, credo, appartenenti a qualche corpo militare, che desiderano scattare alcune fotografie alla nostra moto. Li accontentiamo volentieri, lasciando anche che un paio di loro salgano e si siedano sulla sella. Sono felici, ci salutano e risalgono sui loro veicoli cantando e sventolando una grande bandiera. Ripresa la strada, qualche decina di chilometri più avanti, inizia a piovere ( governo ladro!). Ci fermiamo per indossare gli indumenti antipioggia e, non appena compiuta l’operazione, in breve diluvia. Verso le 16 stanchi, umidi e infreddoliti, ci fermiamo al paese di Onguday (il cui nome significa 10 dei per via delle dieci montagne attorno).In paese dobbiamo girare parecchio, chiedendo indicazioni più volte, per trovare una gastinitza (albergo) che ci dia una camera; tutti ci rifiutano, non capiamo se perché sono al completo o perché siamo stranieri. Quando, sconsolati, ci dirigiamo all’uscita del paese, seguendo le indicazioni poco chiare della guida Lonely, dopo vari tentativi vediamo una grande costruzione di legno, davanti a cui sono parcheggiate diverse auto. Fermata la moto entriamo nel bel giardino dove, con gioia, notiamo diversi chalet e una piccola piscina, perciò, speranzosi, suoniamo il campanello della villa. Ne esce un uomo che, alla nostra richiesta di una camera per la notte, tergiversa un po', poi fa segno di sì e chiama una ragazza. Lei ci conduce fuori dal complesso, fino ad una vicina casa a due piani, di legno.Ci fa strada fino al secondo piano e ci apre le porte di diverse camere lasiandoci scegliere quella che vogliamo. Per 1000 rubli (25 €) otteniamo una camera molto semplice, il bagno è in comune, nel corridoio c’è un frigorifero a disposizione degli ospiti, è comunque un posto pulito N50°44.177' E86°9.389'. Ceniamo in camera con risotto ai funghi porcini, cucinato sul nostro fornellino, in balcone, formaggio, pane nero e birra. Manca solo un bicchierino di vodka, votka come dicono i russi, per concludere la giornata. Usciamo poi sul lungo balcone a guardare il panorama: l’aria è fredda, il cielo si è rasserenato e una luce dorata carezza le montagne mentre il sole tramonta.
3 agosto
Onguday- Mjiangani (frontiera Mongola) 336 chilometri
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Ci svegliamo presto; impacchettiamo fornello e viveri e carichiamo l’Adventure. Il tempo è nuvoloso, ma almeno non piove. La mattinata si rischiara mentre percorriamo uno splendido tratto del Chuysky Trakt, attraverso la valle del fiume Katun, che in alcuni punti è turbinoso mentre in altri si allarga placido. Ci fermiamo spesso per scattare fotografie ed ammirare il paesaggio. La strada asfaltata è in buono stato e consente di procedere velocemente. Percorsi quasi 200 km. sostiamo al paese di Aktosh per fare il pieno. Riempiamo anche la tanica da 3 litri, poi acquistiamo viveri di prima necessità e per la gola ( cioccolato, biscotti, cognac, vodka). Siamo ormai su un vasto, ventoso altipiano a quota 2000 e rotti metri e l’aria s’è rinfrescata. Alte montagne innevate fanno capolino oltre quelle che fiancheggiano la valle. Oltrepassato il paese lanciamo la moto sulle strade pressoché deserte per arrivare più velocemente possibile alla dogana. A mano a mano che si procede il paesaggio cambia: le montagne ,tonde e marroni, fiancheggiano un arida steppa. Traversiamo in un lampo, si fa per dire, il paese di Kosh-Agach che si stende sulle rive dell’ampio fiume Chaganuzun. Sembra una baraccopoli, con le sue povere casette
sparpagliate a casaccio. Superato un ponte troviamo un posto di blocco dove dobbiamo mostrare i passaporti. Quando ci danno il via libera riprendiamo la corsa e arriviamo al posto di frontiera di Tashanta verso le12,30 dove scopriamo che…è chiusa per pausa pranzo e riaprirà soltanto un’ora dopo! Non ci resta che attendere consumando uno spuntino a base di pane, burro e formaggio! Alle 14, quando riapre, la poliziotta russa ci dice di andare all’ufficio immigrazione, in paese! Arrabbiati torniamo indietro e ci fermiamo a chiedere indicazioni ad un motociclista. E’ un ragazzo inglese, a bordo di una moto di fabbricazione russa, che sta aspettando che l’ufficio riapra per avere il permesso di entrare in Mongolia. Ci indica l’ufficio dove andare, poco più in là, davanti al quale dobbiamo attendere per un’altra mezz’ora, finchè, spazientiti per il ritardo dell’impiegato ci rivolgiamo ad un ufficiale che fa una semplice telefonata e…miracolo! L’impiegato fannullone appare! Sbrigata la formalità ci ripresentiamo ai cancelli d’ingresso della dogana. Impieghiamo due ore in stupide procedure burocratiche ( dobbiamo ricompilare un modulo per la moto che all’ingresso in Kazakstan hanno sbagliato a compilare. Ce lo fanno rifare tre volte perché non ammettono cancellature o lettere troppo marcate). Passiamo altri tre controlli passaporti prima che ci dicano “Ok” e aprano il pesante cancello d’uscita. “ Ci restano da percorrere ancora alcuni chilometri poi saremo alla dogana mongola!” gridiamo felici. L’incredulità appare sui nostri visi quando ci troviamo davanti ad un’ennesima recinzione su cui sventola ancora la bandiera russa. Il soldato di guardia, al nostro sorridente “ Hello” replica con un freddo: “ Passport, Motor document!” Nooo! Ancora?” esclamo mentre scendo dalla moto coi passaporti. Intanto Knut apre la borsa serbatoio per prendere il libretto della BMW, ma mentre me lo sta passando grida “CADEE!!!” Con orrore vedo la moto rovesciarsi a destra, cadere e Knut rotolare capriolando giù per il pendio. “ Ahhh! Knut!” grido spaventata. Per fortuna si rialza subito e, con nonchalance, risale il pendio correndo verso la moto. Unendo le nostre forze cerchiamo di rialzarla, urlando al soldato “ Help! help!” invece lo stronzo, ci guarda impassibile esclamando: “ motor passport!”. Gli gridiamo dove se lo può mettere il motor passport in italiano, norvegese e inglese…Alla fine gli passiamo i documenti e, dopo una decina di minuti, visto che non ricompare più, ci dirigiamo alla casupola in cui è sparito. Lo troviamo seduto a chiacchierare con un commilitone…Non ha neanche aperto il libretto della moto! Ripartiamo maledicendolo, furibondi, oltretutto il tempo si sta guastando e abbiamo perso tre ore inutilmente.
Prosegue in MONGOLIA!